Il dibattito intorno ai nuovi modelli di leadership, ha messo in luce la centralità del tema dell’autenticità nelle relazioni.
Ma si può essere davvero “autentici”? Cosa si intende per autenticità?
Una certa visione associa il tema dell’autenticità alla retorica del “dico quello che penso”, del “ho il difetto di essere troppo sincero”, fino al classico “non faccio carriera perché sono uno che dice quello che pensa”.
Si tratta di un tema complesso, scivoloso, equivoco.
In effetti è del tutto normale comunicare in modo differente lo stesso messaggio, in ragione del tipo di interlocutore e contesto. Interpretare lo stesso “personaggio” nelle diverse circostanze, non è sintomo di autenticità, rappresenta al contrario un atto di ingenerosità verso la propria molteplicità e ricchezza interiore.
Certo che ognuno di noi corrisponde alla propria “autentica essenza”, ma ognuno di noi, nelle diverse circostanze, affida la propria autentica essenza a diversi “interpreti del sé”. Eh, ma allora metti una maschera! Certo che sì. L’etimologia della parola persona deriva dal verbo latino personare, formato dalle due parole per e sonare che letteralmente significa “suonare attraverso” cioè risuonare. Con questa espressione, ci si riferiva agli attori del teatro classico che “parlavano attraverso” la maschera lignea che indossavano in scena.
Secondo un’altra interpretazione, l’etimologia della parola persona deriverebbe dall’ etrusco φersu, e dall’ indi φersuna, che indicano “personaggi mascherati”, a loro volta derivanti dal greco πρόσωπον (prósōpon) che indica la maschera dell’attore.
Un’ulteriore interpretazione etimologica della parola persona, individua la sua fonte nel termine latino pars con cui si intende il ruolo di un personaggio. Sorprende come tutte le interpretazioni etimologiche individuino concordemente nel mondo del teatro classico, l’origine della parola persona. Insomma, le parole “persona” e “maschera” sono saldamente e profondamente unite: siamo le maschere che indossiamo.
Ma perché sarebbe necessario “indossare una maschera”? Semplice, per calibrare la comunicazione del nostro pensiero e renderlo “sostenibile” nei diversi contesti: il grado di confidenzialità che concediamo a noi stessi, non lo concediamo ad alcuno, è necessario calibrare. Si tratta di un processo naturale che non implica una progettazione a tavolino. Grazie però a questa consapevolezza potremo resistere alla tentazione di usare la nostra presunta autenticità come alibi.
Questo significa forse che dobbiamo gestire con cautela e prudenza la nostra comunicazione e non prenderci alcun rischio? Certo che no: lo spessore delle nostre relazioni con gli altri, evolve proprio grazie alla nostra scelta di stare sul bersaglio del massimo livello di “autenticità sostenibile” ed anche di prenderci qualche piccolo rischio. Così facendo, creeremo relazioni meno bisognose di maschere troppo ingombranti.
La nostra stessa crescita personale passa attraverso la consapevolezza delle nostre maschere, passa attraverso la consapevolezza di assomigliare a un fiore dove il centro corrisponde alla nostra autentica essenza e i petali corrispondono ai personaggi che interpretiamo. Grazie a questa consapevolezza, potremo nutrire e rafforzare il centro del fiore e finire per assomigliare nel tempo sempre più a un girasole e sempre meno a una margherita.