n°1

15 marzo 2025

CONTEMPORANEA

QUINDICINALE

DI RIFLESSIONE POLITICA

"Il nostro intento consiste nell'osservare la realtà con i piedi ben piantati nel presente e lo sguardo mai rivolto al passato"

by Alessandro Chelo

Perchè CONTEMPORANEA?

A cura della redazione

Perchè il mondo cambia con velocità e intensità inusitate, mai sperimentate fino ad oggi. Non basta dirlo, bisogna tenerne conto, bisogna adottare nuovi paradigmi e, per farlo davvero, bisogna lasciare andare le vecchie credenze e i vecchi ancoraggi. Bisogna mollare gli ormeggi e iniziare a guardare il mondo con occhi nuovi, osservando la realtà con i piedi ben piantati nel presente e lo sguardo mai rivolto al passato. Non serve rimpiangere il bel tempo andato, occorre scovare l'innovazione e comprenderla, da qualunque parte essa provenga, in qualunque forma si presenti, impegnandosi affinchè il nuovo tempo non sia terreno di rivincita, ma di emancipazione; non di recriminazione, ma di accrescimento.

Proveremo a farlo attraverso le nostre rubriche: Caro amico ti scrivo, Il dito e la luna, Il punto di vista, Solleticando. Il nostro stile cercherà di coniugare profondità di pensiero con snellezza. Insomma, pensiamo che si possa approfondire senza per forza dover esibire faticosi pezzi di difficile lettura.

Al fine di facilitare la lettura, non prevediamo alcun inserto pubblicitario: chi desidera sostenere questa iniziativa, può farlo elargendo una personale donazione.

Per un'Italia sempre più libera, sempre più aperta, sempre più prosperosa.

IN QUESTO NUMERO:

CARO AMICO TI SCRIVO

di Alessandro Chelo

Lettera aperta a Giorgia Meloni

IL DITO E LA LUNA

di Mauro Voerzio

Torno in pista: verso un mondo nuovo e sconosciuto

IL PUNTO DI VISTA

di Luca Monti

Immigrazione: quando il problema è la soluzione

SOLLETICANDO

di Eglaia Tosti

La sinistra e la politica del tuttavia

caro amico ti scrivo

lettera aperta a giorgia meloni

di Alessandro Chelo

Gentile Presidente Meloni,

sono certo che fin dal giorno della sua nomina a capo del governo, lei abbia provato un inebriante senso di responsabilità. Credo peraltro che non immaginasse di essere chiamata a scelte così imprevedibili e impegnative come quelle che questa fase storica richiede. Sono certo altresì che in questo momento, il suo impegno istituzionale vada oltre il desiderio di successo e certamente oltre ogni forma di rivincita politica.

Siamo infatti all’alba di un nuovo giorno della storia del mondo, non è retorico affermarlo: siamo chiamati a superare quella fase post-bellica che ci ha accompagnati dal 1945 ad oggi. Ciò ci riguarda tanto sul piano nazionale, quanto su quello delle relazioni internazionali, oggi certamente preminente.

Se fino ad oggi ogni paese poteva sentirsi garantito dall’appartenenza a un blocco - la NATO per quanto riguarda l’Italia - a partire da oggi, non sarà più così. Le relazioni internazionali si muoveranno su un altro piano e i paesi più potenti, compresi gli USA, instaureranno perlopiù relazioni bilaterali con i paesi più piccoli. Questi ultimi si dovranno in gran parte rassegnarsi a rapporti subalterni, se non di vero e proprio assoggettamento. In ragione delle condizioni geo-politiche ed anche degli accordi più o meno espliciti fra gli Stati più potenti, certi paesi graviteranno nell’orbita americana, altri in quella russa, altri ancora in quella cinese. 

Esiste un’alternativa all’assoggettamento? Sì gentile Presidente Meloni, esiste: costruire la nazione europea. Solo così potremo avere con gli Stati “imperiali” e in particolare con gli USA, un rapporto fra pari, auspicabilmente di amicizia, ma fra pari. Per costruire la nazione europea, però, lei lo sa bene, non bastano un po' di aggiustamenti e qualche riforma, poiché oggi l’Unione Europea, diciamolo, è costituita da un trattato economico-monetario, per quanto strutturato, e poco di più. Non è conferendo più potere ai burocrati che si compie il primo passo nella costruzione della nazione europea. Bisogna semmai ripartire da un foglio quasi bianco, insieme a chi ci sta davvero, coinvolgendo se possibile anche il Regno Unito, al fine di costruire un Paese, quello europeo, che, oltre alla moneta comune, abbia un Parlamento che legiferi, un governo che governi, un esercito che difenda, una leadership riconosciuta, rappresentanze europee in ogni sede internazionale, comprese le sedi sportive: partecipare alle prossime Olimpiadi di Los Angeles 2028 con una rappresentativa europea e far risuonare molte volte sul podio l’Inno alla Gioia, avrebbe un valore simbolico inestimabile.

Possibile? Forse. Difficile? Certamente. Bisognerebbe vincere tante resistenze, anche gravi, e andare incontro a un periodo di scelte molto impegnative. Pensa di poter spendere la sua leadership in questa direzione? Certo, si può scegliere l’altra via, certamente più facile, quella volta a fare del nostro Paese una sorta di protettorato, magari felice, ma subalterno.

Così come “Roma non è stata costruita in un sol giorno”, neanche la nazione europea potrebbe esserlo, ma, se davvero lo si vuol fare, i tempi potrebbero non essere poi così lunghi, però bisogna mettersi al lavoro subito, compiere molto rapidamente i primi passi, per completare il processo magari proprio in quel 2028 a cui accennavo.

Insomma, gentile Presidente Meloni, o l’Europa si farà nazione o l’Italia si farà colonia. Sappiamo qual è la via più facile, essa è anche la più onorevole? Tocca scegliere.

il dito e la luna

TORNO in pista: verso un mondo nuovo e sconosciuto

di Mauro Voerzio (massimo esperto della "questione Ucraina")

Si torna in pista dopo molto tempo, trascorso a leggere “altri” spesso spacciati come esperti e dopo aver osservato dalla sponda del fiume transitare il vecchio Occidente, un Occidente moribondo, incapace di sopravvivere a lacci e laccioli auto imposti che alla fine lo hanno strozzato completamente.

Mi ero ripromesso di non farmi più coinvolgere nel tentativo di trasmettere ad altri quanto avevo imparato in anni di studio e pratica diretta per quanto concerne geopolitica e guerra ibrida. Non volevo, non tanto per il fatto di essere stato deriso o snobbato da chi invece aveva il compito perlomeno di prendere in considerazione il mio lavoro, ma semplicemente perché avevo compreso che, in fondo, del tema non interessava ad alcuno. Uno scarso interesse dovuto alle basilari pulsioni umane, “se non mi tocca direttamente allora non è importante”, certamente un modo di pensare purtroppo diffuso nella società contemporanea, una società in cui i valori sono oramai solo un argomento per riempirsi la bocca durante i talk show o durante i comizi politici.

Nonostante gli ammonimenti fatti a suo tempo, siamo giunti ora alla dissoluzione del “vecchio Occidente” quello appunto basato su una serie di valori recepiti dopo la seconda guerra mondiale e che hanno fornito una solida base per una pace durata più di ottanta anni. Negli ultimi decenni,  questi valori rimanevano spesso e volentieri solo decantati, mentre davanti al Dio business si chiudevano gli occhi se intere popolazioni venivano private di qualsiasi dignità, in modo particolare quando il criminale di turno era anche un buon cliente dei salotti buoni europei.

Ho deciso di rimettermi in gioco perché penso che adesso l’audience sia più sensibile a certe tematiche, d’altronde perché leggere le norme anti incendio se la casa non va a fuoco? Bene ora la casa sta andando a fuoco, le riflessioni che sino a pochi anni fa venivano scambiate per i vaneggiamenti di uno strano analista, oggi vengono ripetute da quasi tutte le cancellerie europee, il pericolo di un allargamento di una guerra in Europa non è più solo un esercizio di fantapolitica ma una triste realtà e parlo di allargamento perché con l’Ucraina la guerra è già arrivata in Europa.

La guerra è arrivata in Europa per i motivi che avevo già spiegato nel 2014 quando all’indomani di EuroMaidan le bandiere europee sventolavano in piazza indipendenza (per capirci la piazza che gli “esperti” chiamano Maidan, ovvero “piazza piazza”, perché in Ucraino Maidan significa piazza). La voglia di democrazia di 46 milioni di ucraini si scontrava con le esigenze dello scomodo vicino russo. Molti mi hanno domandato perché proprio l’Ucraina? Perché non qualche altro Stato confinante tipo i Baltici?

L’Ucraina innanzitutto è una nazione bilingue, tutti i siti ed i servizi pubblici erano sia in ucraino (lingua ufficiale dello Stato) che in russo. Vien da se, che avere un vicino in cui si sviluppa la democrazia e si innalza il tenore di vita della popolazione, non era certo una bella prospettiva per Putin ed il fatto che i russi potessero apprendere facilmente di questi miglioramenti in quanto condividevano con l’Ucraina la lingua, ma anche l’uso di servizi tipo internet, costituiva un pericolo troppo grande per il regime di Mosca. I giovani ucraini avrebbero potuto frequentare l’Erasmus, mentre i giovani russi potevano andare al massimo in Abkhazia o in Corea del Nord. Kyiv inoltre rappresenta per gli ortodossi ciò che Roma rappresenta per i cattolici, e checché ne dicano i disinformatori di professione, quando Kyiv contava 400.000 abitanti, Mosca non esisteva e al suo posto c’era una foresta.

Quindi nel 2014 Putin decide di invadere l’Ucraina e porta la guerra in Europa.

La porta dopo che Gerasimov ha esposto la sua nuova dottrina militare fatta di disinformazione e misure ibride, dopo che Dugin espone nella sua quarta teoria politica, il concetto “da Lisbona a Vladivostock, Eurasia!”, dopo che l’Europa si dimostra una volta di più, accondiscendente verso il satrapo di Mosca, non ricordandosi di quanto già successo in Cecenia e Georgia.

Tutto sembrava così lontano, ma con il passare del tempo, nonostante le mostruose dosi di disinformazione a cui l’Occidente è stato sottoposto, qualche cancelleria ha compreso che forse l’Ucraina era quello che in gergo si definisce un trigger, una sorta di miccia per far esplodere qualcosa di più grande. 

In ballo non ci sono solo risorse e territori, ma una nuova visione del mondo,  il superamento del modello occidentale con un rossobrunismo imbastardito da elementi islamici.

E giungiamo ad oggi, dopo che un amico mi ha telefonato e mi ha detto “Mauro è ora di tornare ai tempi del Simposio, il momento lo richiede e coloro di buona volontà devono mettere al servizio di tutti, i loro pensieri”. Ho accettato per due motivi, il primo perché qui non si tratta di seguire una linea editoriale, siamo tutti liberi pensatori e magari (anzi si spera) con visioni differenti ed il secondo perché reputo il prossimo futuro assolutamente incerto e imprevedibile.

L’avvento di Trump sembra indebolire di fatto l’Occidente, ma questo ce lo diranno i mesi a seguire, ciò che invece è sicuro è che oggi non si possono costruire modelli previsionali perché anche il peggior worst case scenario può diventare probabilissimo nel giro di pochi giorni.

Siamo ciechi in questa nuova landa, qualsiasi analista, serio, in questi giorni non potrà che dirvi che attualmente non è possibile fare previsioni, neanche a breve termine.

Non si tratta di volersi fasciare la testa, ma di prendere atto che un periodo storico è finito e verrà sostituito da un nuovo modello di cui non riusciamo ancora a definire i contorni e che tale sostituzione avverrà ad una velocità mai vista nella storia umana. Potrebbe anche essere meglio di oggi… come potrebbe essere molto peggio.

In tutto questo marasma storico, la nostra politica locale è ancora impegnata su temi triti e ritriti come fascismo e antifascismo senza accorgersi che a furia di gridare ogni due per tre “al lupo al lupo”, ora il lupo è arrivato, ma non ci crede più nessuno e non ha le sembianze mussoliniane, ma ricorda più un macellaio georgiano con i baffoni.

IL puntO di vista

Immigrazione: quando il problema è la soluzione

di Luca Monti

Ci sono due ossessioni nella destra: Immigrazione e pensioni.

Partiamo dalle pensioni. Le persone tra 50 e 60 anni in Italia sono il doppio dei bambini tra 0 e 10.

E il dato peggiora continuamente. Pensate che nella quota dei bambini ci sono già i figli degli immigrati.

Inoltre, ogni anno migliaia di giovani vanno via dall’Italia.

Chi pagherà le pensioni del baby boom?

La risposta a un paese che invecchia si chiama nuova cittadinanza.

L’immigrazione è una risposta a una nazione che non fa più figli. Una immigrazione programmata, pianificata, minuziosamente organizzata e ben gestita.

Andela è una grande agenzia di reclutamento americana, specializzata nel selezionare talenti africani per le Big Tech e non solo (https://www.andela.com/). Altro che barconi, morti in mare e nei deserti. Biglietti aerei e green card (Trump permettendo).

C’è un nesso matematico tra popolazione e PIL. Il PIl Indiano cresce al crescere della sua popolazione. Nel 2030 si stima che la popolazione attiva dell’India arriverà a 1 miliardo di persone (Articolo Ispi 2023)

Se dovessi oggi pensare a un nuovo investimento, pro futuro, di 200 miliardi (un rifinanziamento PNRR), non avrei dubbi. Un Piano Marshall per l’Italia si chiama Immigrazione programmata.

15 milioni di nuovi italiani in 10 anni, per tornare ad avere un Paese che cresce in tutti i suoi asset, partendo dal più antico e, oggi, forse il più difficile: il fattore umano.

Il primo flusso può e deve essere quello interno, con un piano di riconoscimento delle competenze di tutti quei richiedenti asilo di cui si approva o non approva la richiesta, ed anche dei clandestini, visto che i respingimenti rimpatriano solo 1 espulso su 5. Altro che la nuova politica europea dei rimpatri, abbiamo bisogno del contrario. 

Sappiamo farlo?

Bisogna organizzarsi subito e bene.

Abbiamo bisogno di investire nella scuola, nella certificazione delle competenze, nell’educazione di cittadinanza per gli stranieri costretti alla clandestinità, qui, oggi, subito e, in proiezione, anche nei paesi di provenienza.

Un investimento sul futuro, una immigrazione che non abbia il colore e l’ombra della disperazione, della morte, della sciagura e nemmeno si affanni in abitazioni improvvisate e in marginalizzazione ai limiti della società e delle nostre città.

Non sono le ricette dei decreti sicurezza che pagheranno le nostre pensioni di oggi e domani.

Sono i nuovi cittadini italiani.

solleticando

la sinistra e la politica del tuttavia

di Eglaia Tosti

Di fronte al disimpegno americano sul fronte ucraino, l’Unione Europea ha cercato di rivendicare il proprio ruolo. Certo, inevitabilmente lo ha fatto un po’ goffamente: come si può essere protagonisti di questa vicenda, senza una politica estera  e una difesa comuni? Le sollecitazioni che vengono mosse in tal senso, sono dunque positive e una difesa potenziata e coordinata può rappresentare, oltre che un’oggettiva necessità, anche un primo passo verso la realizzazione della nazione europea. Il Presidente Meloni si è posto in modo positivo ed equilibrato: ha proposto di estendere all’Ucraina l’articolo 5 degli accordi NATO, in modo che la stessa NATO sia autorizzata a intervenire in difesa dell’Ucraina; ha escluso che la costruzione della casa europea debba necessariamente nascere in contrasto con gli USA; ha confermato l’intenzione di potenziare le forze armate italiane, in vista di un coordinamento europeo.

E a sinistra che si dice? Nè con Putin, né con Ursula, questo è sostanzialmente il messaggio di fondo. A sinistra la tentazione del “né con, né con” attanaglia di volta in volta diverse sue componenti, fin dai tempi di quel famigerato né con lo Stato né con le BR che coinvolse larga parte dell’ultra-sinistra e non solo. La gran parte della sinistra ha poi spacciato la sua ignavia per pensiero complesso, prendendo posizione sulla cosiddetta questione palestinese: né con Israele né con Hamas.

Un po' su tutte le questioni si cercano i distinguo: imbrattare monumenti o bloccare le tangenziali è un atto improprio, tuttavia...; occupare una casa non propria è un atto violento, tuttavia...; impedire la parola a un esponente di destra è poco democratico, tuttavia...; siamo dalla parte delle forze dell'ordine, tuttavia...; difendere se stessi, la propria proprietà e i propri cari, è legittimo, tuttavia... C'è sempre una qualche "istanza" che giustifica un bel "tuttavia".

Poi è venuta la questione ucraina: quale migliore occasione per far echeggiare un altro “né con, né con”? Così è venuto il tempo di quel né con Putin, né con Zelensky che oggi porta ad affermare che la difesa europea è importante, tuttavia..., insomma nè con Putin nè con Ursula: è tutto un ne-nè.

Proprio dalla parte politica più intransigente, quella del “senza se e senza ma”, dei "se non ora quando" e dei “principi non negoziabili”, sulle questioni davvero cruciali viene proposta una cascata di ma, però, tuttavia e appunto né con né con.

Questione di pensiero critico? Questione di complessità? No, ci sono situazioni nelle quali non c’è spazio per troppi distinguo e bisogna saper scegliere da che parte stare.

ALESSANDRO CHELO

Sono nato a Genova nel 1958.

Ho pubblicato diversi saggi con Sperling & Kupfer, Guerini e Feltrinelli, alcuni tradotti in più lingue fra cui il coreano e il giapponese.

Dopo aver lungamente scritto per Stradeonline, Linkiesta e Il Riformista, mi dedico oggi, a CONTEMPORANEA, per un mondo e un'Italia finalmente post-bellici.

Alessandro Chelo

I miei articoli scritti per:

collaborano con contemporanea

Mauro Voerzio, Torino, 1968. Analista geopolitico, esperto di guerra ibrida. Dal 2015 al 2019, ricercatore presso l’Università del giornalismo di Kyiv per il progetto StopFake; dal 2019 al 2023, Esperto Nazionale in Georgia per l’Unione Europea; autore di Gli Angeli di Maidan (2014) e Guerra Ibrida - attacco all’Europa (2019).

Luca Monti, Como, 1968. Vive a Blevio sul lago di Como. Autore di Un orso rosso a New York (2021), Generazione 1968 (2016), L’immortalità (2016). È fondatore di Copernicani ETS - Associazione per l’innovazione. Dal 1994 opera nell’ambito dello sviluppo del capitale umano. Ha progettato e coordinato servizi innovativi finanziati dall’Unione Europea per la formazione, l’istruzione e il lavoro.

Paolo Scavino, Genova 1964. Consulente di direzione e formatore su sistemi di gestione e modelli organizzativi. Autore de Il fiato spezzato (2013). Vive a Genova e osserva con interesse e qualche timore il cambiamento in atto.

Nera è un gioco, uno strumento ed un mezzo espressivo. Una compagna di viaggio ed un rifugio.
È una provocazione, una proiezione, la mia parte piú vera.

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a cura di alessandro chelo
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