Non devi fare la mamma! Smettila con questo atteggiamento materno! Ah no, devi fare il manager mica accudire dei figli!
Queste sono le esortazioni che molte donne a capo di un team si sentono a loro volta rivolgere dai loro capi. Costoro considerano lo spirito materno come una tipica “area di miglioramento” delle donne manager. Esse si sentono conseguentemente frustrate quindi, nella maggior parte dei casi, negano finendo per rinnegare se stesse, in altri casi ammettono, rassegnandosi a un’esercizio inadatto e minore della leadership.
E se non fosse così? Se l’atteggiamento materno fosse oggi richiesto? Ma davvero vogliamo continuare a ispirarci al sentimento del “buon padre di famiglia” e negare il valore dell’atteggiamento materno?
Chiedo scusa per l’ineleganza di un’auto-citazione, ma desidero condividere ciò che scrivevo al riguardo in Leadership e Amore (Sperling & Kupfer) nel 2004, oltre quindici anni fa.
Ripensando alla mia infanzia in campagna e ragionandoci in termini di leadership, un’immagine più di ogni altra mi sovviene, ed è riferita ai gatti. Essi catturavano infatti la mia attenzione quando li osservavo educare i loro cuccioli alla caccia del topo. Papà-gatto cacciava la preda e la portava viva a mamma-gatta che, dopo averla tramortita con qualche zampata ben assestata, la metteva a disposizione dei micetti, i quali tentavano goffi agguati. Quando il topo si riprendeva, la gatta lo tramortiva nuovamente per fare riprendere l’allenamento ai cuccioli. Certo, per il ratto era una specie di corrida, una brutta sorte, ma l’emozione che mi procurava l’educazione dei piccoli, lo confesso, era maggiore rispetto alla pietà per la bestiola. Potevo osservare per ore senza annoiarmi. Ora, nel ricordare quella scena, pur mantenendo la tenerezza infantile, ne rielaboro il significato: il gatto è il “manager” che assicura le risorse per il presente, ma il “leader” è la gatta che, insegnando ai piccoli a cacciare, assicura loro una possibile autonomia futura. Mentre la capacità di management è infatti funzionale al governo del presente, la capacità di leadership è finalizzata alla costruzione del futuro. Per questa ragione un’espressione compiuta della leadership ha bisogno di uno spirito materno.
Ecco cosa scrive Erich Fromm ne L’arte d’amare:
“Nell’amore erotico due persone distinte diventano una sola, nell’amore materno due persone che erano una sola si separano. La madre deve non solo tollerare, ma desiderare e sopportare la separazione dal figlio. È solo a questo stadio che l’amore materno diventa un compito così difficile da richiedere altruismo, capacità di dare tutto senza chiedere niente e di non desiderare altro che la felicità dell’essere amato”.
Sono parole ricche di emozione e verità che ci segnalano come il più importante dei principi della leadership ci consente di superare la tentazione paternalistica e ci fornisce uno straordinario strumento per gestire le scelte più difficili, nelle quali la nostra leadership è messa alla prova più dura. In quei momenti basta domandarsi: come si comporterebbe una madre? Già, perché il più importante principio della leadership che, in un’unica potente formulazione, riassume in un tutt’uno armonico tutti gli altri, è proprio questo: saper essere madre. È a questo principio che è sufficiente uniformarsi per esprimere una leadership etica, dare un senso al proprio ruolo e, forse, in ultima analisi, alla propria stessa esistenza.
Sì, l’atteggiamento materno è il più potente antidoto al sedimentare di stili di leadership paternalistici: lo stile paternalistico risponde ai bisogni del presente, l’atteggiamento materno abilita ai desideri futuri.
Il cambiamento culturale indotto dall’insorgere dell’epoca 4.0 e dall’accelerazione determinata dall’emergenza pandemica, suggerisce l’adozione di stili di leadership orientati all’accudimento, stili che sdoganino una volta per tutte la parola “amore”, omaggiando la definizione che ne dà il filosofo Milton Mayeroff: promozione altruistica della crescita del prossimo. Sì, promozione altruistica, non finalistica ed è per questo che i nuovi modelli di leadership non possono non incentrarsi sul valore della filantropia, intesa come passione per la persona. Chi è a capo di un team è chiamato a promuovere la crescita dei componenti del team con amore e filantropia: i risultati si disveleranno come ragionevole conseguenza e non come fine.
Roba forte, lo so, ma questa evoluzione ci è richiesta da questa nuova epoca che stiamo imparando a conoscere. Questa consapevolezza ci chiama a una profonda rivalutazione dell’atteggiamento materno e al sostanziale ripudio dei vecchi e violenti stereotipi che ne hanno negato fino ad oggi il valore. Sarà un bel giorno quando, di fronte all’accusa di aver adottato uno stile di leadership materno, la team leader oggetto della critica, risponderà con un luminoso sorriso e due sole parole: lo so.
Certo, l’accusa di “buonismo” è dietro l’angolo. Ma la generosità non corrisponde all’ostentazione della bontà e un esercizio materno della leadership è certamente un gesto di generosità e non un’ostentazione di bontà. In questo senso ci appare illuminante questa toccante scena tratta dal film Ray (autobiografia di Ray Charles).